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Immagine del redattoreSocietas Italica Rosae+Crucis

La Famiglia Spirituale


Il mio percorso inizia al buio, davanti ad una croce nera e alla flebile fiamma di una candela. Entro in profonda meditazione e penso al vagare disperato di molti dei miei anni giovanili, animati da una domanda imperiosa sul senso della vita terrena e sul dolore che essa comporta. Penso al fatto che ho conosciuto la croce nera della disperazione, ma anche la tenue luminosità di una chiamata che mi ha fatto dire: va bene, se non ha senso stare al mondo, toglierò il disturbo, ma prima andrò fino in fondo nel cercare risposte. Oggi sono qua e, più del ricordo di questo dolore, lavorato in tanti anni di analisi personale e di prove affrontante cercando sempre di imboccare la via giusta invece di quella facile, prende spazio dentro di me il suono dei canti gregoriani di sottofondo e la voce non ben distinta di quelli che presto saranno i miei fratelli. Alcune parole arrivano fino a me, ripetute per tre volte dalla assemblea degli astanti: per crucem ad rosam e per rosam ad crucem. Questa esortazione mi si imprime dentro. Penso a quanto sia stata vera la prima parte e quanto da un po' di tempo prenda significato anche la seconda: ovvero la possibilità di accedere al mistero della morte e resurrezione non solo dalla via del dolore, ma anche da quella della bellezza. Se dovessi anticipare in una sintesi le impressioni del rituale di oggi, porto a casa una dilatazione del cuore per opera del sentire un gruppo animato da fede, passione, studio, ricerca, ma anche benevolenza, accoglienza e ricchezza simbolico-immaginativa. Porto a casa la Grazia che percepisco scesa su di me nel pensare di poter fare parte di quella porzione di esseri umani che insieme ed aiutati dalle Potenze, immaginano di poter coltivare sé stessi a beneficio della propria restaurazione e di quella dell'umanità intera. Continua il rituale. Arrivano i fratelli che ricordano a noi bussanti la condizione dell'uomo profano, immerso nelle tenebre della ignoranza e con il cuore appesantito dalla mancanza di una meta e di una via. La lama che incide dentro la mente questa consapevolezza tagliente, si trasforma nel simbolo della croce, che propone, finalmente, un modello di percorso possibile. Benda e catene mi vengono poste. Ne sento il peso e uno strano sollievo mi invade. È bello sapere che, in questa condizione di erranza, non sia prevista la necessità di credere alla menzogna della finta felicità che il mondo cerca di imporre per schiavizzare gli esseri umani. Entriamo. La mancanza di vista acquisce i sensi. Io percepisco la mia condizione di supplice impotente, bendata e recante catene, come uno stato dell'essere che mi riguarda e che non ho vergogna mostrare ai miei simili. Al contrario, mi offro fiduciosa ad una chiamata al sacrificio di tutto ciò che definisce la mia maschera mondana, che scivola via come un peso di cui posso finalmente fare a meno. Questa spoliazione porta a trascendere il piano terreno ed io mi trovo al cospetto degli Antichi della terra. Gli Elementi mi si propongono come forze archetipiche la cui evocazione indebolisce gli anelli delle catene con i legami terreni e che sono simboleggiate dal metallo ai miei polsi. La nostra vera natura è immortale, ricorda la Terra; per vivere davvero dobbiamo lasciare andare la sovrastruttura profana e rinascere finalmente purificati ci esorta l'Acqua e, finalmente mondi e sospinti dai venti dell'Aria, faremo ritorno alla Casa del Padre per iniziare a vivere veramente scaldati e nutriti dal Fuoco dello Spirito. Il rituale è ancora lungo, ma non voglio prendere troppo spazio in questo mio resoconto, quindi traccerò memoria di solo altri due momenti: la rimozione della benda e la consacrazione in ginocchio davanti all'altare.

Nel momento in cui ho finalmente potuto aprire gli occhi e ho visto la luce delle trentatré candele mi è parso di essere immersa in un altro strato del reale, pieno di radianza e bellezza. Dal mio cuore è sorta una preghiera che mi accompagna da un po': "Cristo re ti offro il mio cuore, donami il tuo". Chiamando la Rosa ad abitare dentro di me, spero di poter essere anche io una luce tra altre luci a servizio della rigenerazione della umanità. Questo compito lo accolgo su di me come un grande onore, di cui spero di essere degna. Genuflessa in atteggiamento di umile ricezione, mi sono sentita nulla e nello stesso tempo valorizzata come luogo scelto dal Cristo per prendere dimora. Non so come sia possibile questo Mistero, ma la gioia di poterne fare parte è senza parole. Concludo dicendo solo che ho avuto la sensazione per tutto il tempo di essere proprio nel posto giusto a fare qualcosa che ha senso e che è straordinario e naturale assieme. Capita spesso nella mia vita, da sempre, che io percepisca lo stare nel mondo come dissonante e alieno. Oggi ho sentito casa e famiglia. È nel cuore del Cristo che voglio dimorare, nuda ed abbandonata, con i miei fratelli. Non cerco nulla e non desidero altro che sintonizzare il mio cuore alla Via che egli anela da sempre e a cui io ho consacrato oggi -ma non solo oggi- tutto il mio essere. So di non essere degna di questo dono, ma so anche che la mia offerta è sincera e radicale e che questo verrà accettato come un nutriente di quello scambio tra umano e divino che fa della nostra pochezza qualcosa di valore agli occhi del Essere. Così sia, così sia, così è.


Una Soror della S.I.R.+C.

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